Vampiri

Mi trovo in una località di mare e passeggio sul lungomare. incontro per caso Giacomo Farioli, un ragazzo che cantava con me nel coro di scuola che mi invita per la sera stessa ad andare a una festa.

La festa si svolge in una villa rinascimentale, ed è necessario indossare un mantello rosso per poter entrare.

La festa si svolge all’interno di un enorme salone illuminato solo da luce naturale che entra da un’enorme finestra sul lato lungo del salone.

In mezzo al salone, una massa informe di gente che si contorce in una specie di orgia, son tutti mezzi nudi, e tutti un pò sporchi di sangue.

Allungano le mani verso di me, chidendomi pietà, e chiedendomi se possono mordermi. la massa informe di persone si contorce: hanno rapporti sessuali: una vera e propria orgia di sesso e sangue.

Riesco a liberarmi dalla loro presa, e fuggo in una specie di cunicolo illuminato da torce appese alle pareti, e mi guida in questa fuga, Giulio Sganga, un mio amico della piscina.

Alla fine di questo cunicolo, Giulio mi indica una porta e mi dice di scappare e di non voltarmi mai indietro.

Appena varco la soglia, mi ritrovo in un giardino ed è giorno. il giardino però è un’enorme discarica di rifiuti, e nel mezzo del giardino c’è una fontana ormai spenta in cui l’acqua imputridisce e un orrendo odore mi entra nel naso.

Lì accanto alla fontana vedo una piccola capanna costituita da 4 bastoni che sorreggono un telo sudicio. sotto questo telo riconosco una donna sdraiata a in posizione prona ma con la testa girata al contrario, come regan dell’esorcista. ha gli occhi ricoperti dalle cataratte per cui sono quasi bianchi. la riconosco, è Margherita Buy (????), che intona una canzone che mi fa accapponare la pelle. Un senso di inquietudine mi pervada. poi comincia a parlarmi, ma io ho il solo desiderio di trovare una via di fuga.

Mi sveglio.

Da Campo de Fiori a Piazza Vittorio

Sono dalle parti di Campo de’ Fiori in compagnia di un gruppo di amici che nella realtà non conosco affatto. Ho diciassette anni e il mio vestiario ed i miei atteggiamenti corrispondono a quelli di un tempo. Roma è invasa da morti viventi e le persone scappano terrorizzate alla ricerca di un posto sicuro dove passare la notte.

I miei amici hanno parcheggiato in piazza i loro motorini e mi propongono di correre fino al parcheggio per poi scappare e metterci in salvo. Correndo per le vie del centro, un gruppo di ragazzetti tende un agguato ad uno zombie rimasto da solo massacrandolo di botte. Un panettiere, spingendo una carriola, insegue il suo cane nel tentativo di fermare la sua corsa verso zone pericolose infestate dagli zombies.

Il panettiere corre fino a quando si accorge di essere entrato in una zona troppo pericolosa per lui. Decide quindi di fermarsi e, con enorme dolore, di non correre il rischio di essere ucciso per salvare il suo cane. Critico il comportamento del panettiere poi, riflettendo meglio, ipotizzo che, se fossi stato nella sua stessa situazione, avrei probabilmente agito nella stessa maniera. Arrivati davanti ai motorini, mi accorgo che il mio amico possiede un vecchio Benelli a marce con la sella corta.

Domando al mio amico come creda di poter scappare con un veicolo del genere e ragiono sulla effettiva difficoltà di sedersi in due su quel mezzo. Alla sinistra del Benelli scorgo uno scooter cinquanta, rapido e scattante, con le chiavi d’accensione inserite. So che si tratta del motorino di uno degli amici del mio amico e, nonostante sappia che servirà a lui per fuggire e sopravvivere, decido di rubarlo e scappare più in fretta possibile. Iniziata la fuga, mi ritrovo nuovamente a Campo de Fiori, senza motorino, in compagnia degli amici, come se il furto l’avesse compiuto un’altra persona. Ci rifugiamo dentro una scultura in rame dalla forma circolare.

Un panettiere/cameriere ci serve un pezzo di pizza bianca del forno di Campo de’ Fiori. Dividiamo equamente la razione di cibo, consapevoli della difficoltà di rintracciare alimenti in una Roma invasa dai morti viventi. Davanti a noi una ragazza alta con i capelli rossi ed una ragazza cinese, truccate da zombie, sono in attesa di entrare in un negozio di fotografia per ottenere un impiego.Ci accorgiamo che le ragazze sono truccate e che probabilmente sono delle attrici appena uscite da un set cinematografico. Le ragazze entrano e ascoltano il discorso del proprietario del negozio (molto simile al mio amico P.P.) il quale spiega ad un nutrito gruppo di persone quali siano le caratteristiche ideonee per poter ottenere il posto di lavoro.

Terminato il discorso il ragazzo si intrattiene a lungo con la ragazza truccata da zombie. Parlano per un po’ di tempo, scherzano, flirtano e poi iniziano a baciarsi e a fare l’amore. Pochi secondi dopo mi accorgo di uno strano pulsare nelle vene del piede della ragazza. Capisco che a breve si trasformenrà in un terribile mostro.Nel momento in cui lo zombie appare, l’immagine della ragazza si sdoppia in una parte buona e a fuoco e in una parte cattiva sfocata e trasparente. Il ragazzo si chiede come sia possibile che, dopo aver fatto l’amore, la ragazza possa desiderare di ucciderlo. La parte buona della ragazza, sentendo tali pensieri, si sforza di fermare la parte zombie. La lotta è molto faticosa, ma la ragazza ottiene una schiacciante vittoria sulla parte cattiva salvando il ragazzo da una morte sicura. La scena cambia radicalmente.

Sono a P.zza Vittorio e acquisto due periodici dedicati ai alle macchine d’epoca. In entrambe le copertine spiccano due modelli perfetti di opel Kadett 1000, la mia prima macchina ricevuta in eredità da mio nonno. A Largo Brancaccio un gruppo di persone di origine filippina è radunata a bere birra e chiacchierare. Davanti a me una perfetta Opel Kadett di colore azzurro. Mi avvicino timidamente e chiedo chi sia il proprietario del veicolo d’epoca. Spero così di riuscire ad entrare nuovamente in una Opel Kadett per ammirarne i sedili, il quadro, il volante e respirare l’odore che sentivo quando ero poco più che adolescente dentro la mia macchina.

Un ragazzo cinese/indiano dalla faccia simpatica mi racconta la sua passione per la Kadett, come curi con grande attenzione la carrozzeria ed il motore. Mi racconta di vivere dalle parti di Cinecittà e di come sia difficile spostarsi per Roma con un veicolo così antico e prezioso. Mostro al ragazzo le due riviste, dalla forma bizzarra di pila/supposta, e domando quale sia l’anno di immatricolazione del veicolo. “1975 o 1976?” chiedo “1976” risponde il ragazzo. Stringiamo un’amicizia che mi sorprende per la vicinanza di interessi nonostante l’apparente diversità culturale.

La promessa

Il mio ex fidanzato S. piomba a casa mia inaspettatamente, ricordandomi la promessa che ho fatto di prestargli la macchina per andare a fare una gara di tiro dinamico. Io replico che mancano ancora molti giorni alla data che avevamo concordato e che la sua richiesta mi trova impreparata. S. mi informa di avere una importante gara di qualificazione il giorno dopo, quindi la macchina gli è necessaria perchè non può arrivare fino al poligono di tiro di L. in moto, è troppo lontano, la strada è poco sicura, afferma di esser certo che su di me può contare. Non rispondo, mi sento alquanto perplessa, la ritengo una pretesa che avrei potuto soddisfare se fossimo stati ancora insieme.

Al Liceo

Giro per i corridoi del mio vecchio Liceo alla ricerca dell’aula nella quale si terrà una conferenza/aggiornamento per i professori.

Entro in una classe, forse quella del mio quarto o quinto ginnasio, ed incontro due professori della mia età anch’essi venuti per la conferenza.

Io non sono un professore, ma desidero partecipare all’evento formativo in sostituzione di un mio non ben identificato amico.

Mi immagino mentre faccio lezione a dei bambini delle elementari. Il compito mi sembra divertente e alla mia portata.

Dentro la classe i due professori mi chiedono se io sia di ruolo;spiego loro la mia condizione di sostituto rivelando un certo desiderio di poter ottenere benefici per la mia carriera dalla presenza alla conferenza prevista per quel giorno. Spiego che grazie ad un costante impegno ed ad una presenza attiva nei luoghi nei quali si tengono conferenze ritengo di poter sviluppare nel tempo competenze e professionalità.

I professori mi chiedono se io riceva qualche compenso; rispondo di no e spiego che, almeno per adesso, mi sembra possa essere di primaria importanza investire sulle proprie conoscenze ed essere presente nei luoghi dove altri professionisti possano accorgersi delle mie capacità.

Ricevo aspre critiche dai professori intenzionati a scoraggiarmi dal credere che la mia presenza possa servire a qualcosa. Mi spiegano che non funziona così e che sarebbe meglio che io me ne andassi.

Nella stessa classe incontro Nico, il mio ex coinquilino. Non è cambiato affatto e le sue abitudini sono sempre le stesse. Gli chiedo come vadano le cose e lui mi risponde raccontandomi un episodio avvenuto il giorno prima. Descrivendo la scena con molta enfasi, Nico mi colpisce inavvertitamente con il gomito sullo zigomo destro. Si scusa velocemente e poi continua a raccontare. Una volta terminato il racconto sembra non essere interessato alla mia risposta.

Gli chiedo allora, ripensando soprattutto al colpo ricevuto pochi istanti prima, se sia arrabbiato con me perché non l’ho più cercato dopo la fine della nostra convivenza.

Nonostante lui neghi, io continuo a ritenere che Nico sia arrabbiato con me.

In alto, all’angolo destro del soffitto, sono appesi molti jeans usati. Sono in un mercatino, molto simile al negozio dell’usato che frequentavo quando ero adolescente.

Provo un paio di Levi’s che sembrano essere della mia taglia ed esteticamente perfetti per la mia conformazione fisica.

Dopo averli provati ed essermi specchiato, mi accorgo che i pantaloni mi stanno malissimo: la vita bassa e il modello stretto in fondo mi fanno sembrare basso e tarchiato.

Anche Nico mi dice che quei pantaloni non fanno al caso mio.

Salvataggio

C’è una situazione di guerra. Me ne rendo conto quando vengo coinvolta in una specie di squadra, di cui fanno parte anche delle suore giovani e carine, che deve portare in salvo una persona sequestrata o imprigionata. All’inizio sembra che sia una donna, ma poi c’è qualcosa che allude a Gesù Cristo. I miei compagni vanno a liberare questa persona e mi lasciano da sola a fare la guardia in un casolare abbandonato con un lucernario sul soffitto. All’inizio sono tranquilla e aspetto che ritornino, poi un cane dall’aspetto feroce si precipita contro di me spaccando i vetri del lucernario. Ho molta paura, penso che mi sbranerà e che sono persa, invece riesco ad ammansirlo e non succede niente. Poi sono in casa di un vecchio amico di mio padre, sono serena, aspetto notizie, ma sono sicura che la persona da liberare è stata portata in salvo.

Arresti domiciliari

Sono in un piccolo negozio che ricorda lontanamente il garage di casa dei miei nonni. Il mio amico Lorenzo sta per terminare il suo ultimo giorno di lavoro da commesso prima di cambiare mestiere.

Un cliente di origine orientale entra nel negozio e comincia a fare domande. Lorenzo comincia a spiegargli in inglese che non capisce la sua lingua.

La tensione aumenta.

Il signore cinese comincia ad arrabbiarsi incredibilmente e a sferrare pugni e calci contro Lorenzo. Inizia un duro combattimento. Cerco di intervenire trascinando via il mio amico.

Uscito dal negozio, mi dirigo verso una piazza con una chiesa. Lungo le strade si affollano persone, bambini giocano davanti alla chiesa, signore anziane tornano dal mercato. Intanto la polizia mi sta cercando. Anche il cinese vuole vendicarsi dell’affronto subito.

Sono circondato.

Tolgo dalla mia bocca un involucro di gomma, simile ad un palloncino, nel quale risulterà essere contenuta un bomba.

La polizia mi arresta e mi condanna agli arresti domiciliari.

Rimango a lungo nel soggiorno di casa sdraiato per terra sopra ad un lenzuolo rosso. Una finestra dà sulla piazza ed una portafinestra permette il passaggio ad un piccolo balcone sul mare. Si sente il rumore delle onde, vedo il colore blu intenso delle acque. Le finestre sono aperte e c’è una leggera brezza estiva.

Sono però costretto a non muovermi per non destare sospetti. Mi accorgo che nell’angolo tra le pareti ed il soffitto c’è un incavo che percorre tutta la lunghezza della stanza dal quale fuoriescono punte di fucili puntati contro di me da numerosi poliziotti appostati dentro casa per controllarmi.

Rimango contratto a terra in compagnia di B. e di alcuni miei amici venuti a casa per sostenermi in questo difficile momento.

Alessandro

Io e F. veniamo arrestati e invece che in prigione mi ritrovo (F. e’ uscita di scena) in una caserma che ha tutte le sembianze di un comune appartamento.

Con me ci sono altri due ragazzi, li conosco, sono vecchi compagni di naja. Di uno di loro mi ricordo anche il nome, ne sono piu che certo. Si comporta in modo strano, si muove spesso e parla a vanvera. Io gli rispondo chiamandolo per nome: “Tu sei Alessandro vero?. Il tipo nè conferma nè smentisce.

Sono in ansia e mentre realizzo di essere tornato a svolgere il servizio di leva vedo entrare nella stanza tre tipi. Uno di loro e’ G., un mio caro amico che e’ ufficiale nell’esercito. E’ venuto a “liberarmi”. Indossa Rayban a goccia e un giubbino di pelle, e’ molto concentrato e serio. Mi fa strada verso una porta che da all’esterno. Usciamo e ci dirigiamo verso casa sua.

Mentre camminiamo un po’ affrettati mi rendo conto di dove siamo, riconosco i palazzi. Mi rivolgo a lui dicendo: “Ah, e’ vero, me lo avevi detto che avevi casa di fronte alla caserma.”.

Attraversiamo un paio di viottoli stretti, illuminati da luci giallo/verdi ed arriviamo ad un bar. Lì ci aspettano altre persone. Sono sedute ad un tavolo su delle panche, sulla terrazza del locale, sembrano molto ansiosi di parlarci.

Arrivato al tavolo con l’idea che quelle persone siano lì per aiutarmi, realizzo poco dopo che invece sono altri individui bisognosi dell’aiuto di G. Mi preoccupo, anche perche’ una di loro ha un biglietto attaccato addosso con su scritto “4 anni”, il tempo che attende invano l’aiuto del mio amico.