Giro per i corridoi del mio vecchio Liceo alla ricerca dell’aula nella quale si terrà una conferenza/aggiornamento per i professori.
Entro in una classe, forse quella del mio quarto o quinto ginnasio, ed incontro due professori della mia età anch’essi venuti per la conferenza.
Io non sono un professore, ma desidero partecipare all’evento formativo in sostituzione di un mio non ben identificato amico.
Mi immagino mentre faccio lezione a dei bambini delle elementari. Il compito mi sembra divertente e alla mia portata.
Dentro la classe i due professori mi chiedono se io sia di ruolo;spiego loro la mia condizione di sostituto rivelando un certo desiderio di poter ottenere benefici per la mia carriera dalla presenza alla conferenza prevista per quel giorno. Spiego che grazie ad un costante impegno ed ad una presenza attiva nei luoghi nei quali si tengono conferenze ritengo di poter sviluppare nel tempo competenze e professionalità.
I professori mi chiedono se io riceva qualche compenso; rispondo di no e spiego che, almeno per adesso, mi sembra possa essere di primaria importanza investire sulle proprie conoscenze ed essere presente nei luoghi dove altri professionisti possano accorgersi delle mie capacità.
Ricevo aspre critiche dai professori intenzionati a scoraggiarmi dal credere che la mia presenza possa servire a qualcosa. Mi spiegano che non funziona così e che sarebbe meglio che io me ne andassi.
Nella stessa classe incontro Nico, il mio ex coinquilino. Non è cambiato affatto e le sue abitudini sono sempre le stesse. Gli chiedo come vadano le cose e lui mi risponde raccontandomi un episodio avvenuto il giorno prima. Descrivendo la scena con molta enfasi, Nico mi colpisce inavvertitamente con il gomito sullo zigomo destro. Si scusa velocemente e poi continua a raccontare. Una volta terminato il racconto sembra non essere interessato alla mia risposta.
Gli chiedo allora, ripensando soprattutto al colpo ricevuto pochi istanti prima, se sia arrabbiato con me perché non l’ho più cercato dopo la fine della nostra convivenza.
Nonostante lui neghi, io continuo a ritenere che Nico sia arrabbiato con me.
In alto, all’angolo destro del soffitto, sono appesi molti jeans usati. Sono in un mercatino, molto simile al negozio dell’usato che frequentavo quando ero adolescente.
Provo un paio di Levi’s che sembrano essere della mia taglia ed esteticamente perfetti per la mia conformazione fisica.
Dopo averli provati ed essermi specchiato, mi accorgo che i pantaloni mi stanno malissimo: la vita bassa e il modello stretto in fondo mi fanno sembrare basso e tarchiato.
Anche Nico mi dice che quei pantaloni non fanno al caso mio.