Spaventato a morte

Sono in una cucina di una non ben identificata caserma militare e ci sono delle belle ragazze vestite di sole mutande nere. In seguito a quella che mi è sembrata una piccola esplosione una di loro viene scaraventata dall’altra parte della cucina andando a finire su una macchina a gas. Batte la testa sul muro ricoperto di piastrelle bianche e inizia ad avere dei tremori molto forti.

Da quello che posso apprendere come osservatore degli eventi i militari presenti nella caserma tentano di coprire l’accaduto cercando di eliminare la ragazza infortunata. Al successivo cambio di scena mi ritrovo, sempre come osservatore, in una stanza che può sembrare un magazzino vista la quantità di oggetti accatastati intorno a me. Nell’aria una canzone in perfetto stile italiano intonata da uno dei militari presenti nella stanza. Intuisco che le parole originali sono state alterate assumendo un tono di  inquietante scherno rivolto alla ragazza rinchiusa in un telo di plastica trasparente, su un  tavolo al centro della stanza. Tutto è illuminato da un cono di luce giallastra. La ragazza si dimena e maledice il militare canterino che rimane impassibile allo spettacolo di sofferenza della vittima.

Il successivo cambio di scena mi vede ancora come osservatore. Sono in una sorta di spogliatoio. Di fronte ad una fila di armadietti c’è il militare canterino. Sembra disorientato e spaventato da una qualche presenza che lo tormenta. Nel momento in cui si gira dalla parte opposta in cui stava guardando scorge la ragazza che aveva ucciso poco prima ed è in quel momento che prendo le sue parti e da osservatore divento protagonista della parte più spaventosa del sogno. La ragazza mi prende per la camicia e mi sbatte su un lettino iniziando ad imprecare cose non ben distinguibili fino a quando il suo viso, avvicinandosi sempre di più al mio, inizia a deformarsi. La sua bocca si allarga in maniera inverosimile e il suo interno è tutto nero. Più la trasformazione diventa orribile più le sue urla diventano forti e aggressive. Io vengo pervaso da una serie di brividi sempre più forti fino a quando uno di un’intensità mai provata mi colpisce al petto lasciandomi senza vita.

Baci e pratiche

Sono in una cucina grigia ad U in un appartamento un po’ buio insieme a L.S. a cui sto parlando di un infuso molto buono. Le mostro la confezione e per farlo mi avvicino. In pochi secondi siamo così vicini che iniziamo a baciarci appassionatamente.

Mi ritrovo, aihmè, nell’ascensore dell’uffico con in braccio una cofana di pratiche verdognole/azzurrine. Arrivato al piano terra noto che il collega A.V. blocca inavvertitamente la porta dal di fuori con il proprio corpo. È vestito tutto di bianco. Dopo un mio amichevole “ao” si sposta permettendomi di uscire, seppure a fatica, dall’ascensore.

Una volta fuori arrivo in uno stanzone con molti altri colleghi (di cui la maggiorparte sconosciuta) disposti tra scrivanie e mobili di un bel legno scuro in uno stile molto più vicino a quello di una casa piuttosto che a quello di un ufficio. Mi avvicino ad un paio di scrivanie e lancio una matita verso una di esse. La matita invece di cadere e rimanere, bene o male, sulla scrivania dove l’ho lanciata, inizia a rimbalzare e roteare fino a raggiungere l’altra scrivania che tra l’altro neanche confina con la prima. Faccio notare l’assurdo percorso della matita agli altri colleghi (che in realtà sono colleghe) ma nessuno mi presta attenzione.

Mi giro verso sinistra e vedo E.M., una vecchia compagna della comitiva sotto casa ai tempi delle superiori. La prendo in disparte e le chiedo se ha notato la mia richiesta di amicizia che le ho mandato su Facebook (richiesta che ho veramente inoltrato) ma lei dice di no e io mi rendo conto che lei non è un’assidua frequentatice del social network in questione. Lei cita il testo di una canzone che conosco e allora le chiedo se le piace Dieci (nel sogno è il cognome del cantante ma in realtà ci riferiamo a Moltheni). Mi risponde di sì e mi nomina altri titoli di sue canzoni di cui molti non esistenti descrivendo brevemente la sua preferenza per quella intitolata “Gli anni del malto”. Le dico che sono andato a vederlo a Bergamo in concerto a Marzo o Maggio (o in un altro mese che non esiste). In questo frangente E.M. è diventata una mia compagna delle elementari. Una collega che sta lí vicino a noi inizia a parlare del canante e io la fulmino dicedole con tono scherzoso “Non mi toccare Dieci eh!” aggiungendo poi un bel “Sto scherzando”.

La festa culinaria

Sono con R., è distante, non capisco perchè. Entro in camera da letto, qualcuno ha spostato tutto, il letto non c’è, è stata cambiata la disposizione dei mobili. Gli chiedo se c’è stata sua madre, mi dice di sì e che le sto antipatica. Dice: “Le ragazze che prendono la pillola sono di sinistra”.

Ora in casa ci sono i miei, anche mia nonna, sono allegri come una festa e tutti sono impegnati a cucinare.

La batteria ricaricata

Sul fornello di una cucina qualcuno ha appoggiato una batteria per auto nella speranza che possa essere ricaricata dal fuoco.

Dico che sarebbe meglio utilizzare un caricatore per avere un effetto più rapido e duraturo. Prendo un caricatore del tutto identico a quello che usava mio padre quando ero piccolo e attacco i morsetti alla batteria. Le pinze si adattano perfettamente ai due poli. Dico alle persone che sono con me che sarà opportuno lasciare la batteria in carica per tutta la notte.

La rapa giapponese

Sono in Giappone a trovare i proprietari del mio ristorante giapponese preferito. Stranamente il paese in cui abitano e’ molto somigliante ad uno di quelli che posso trovare in Toscana, dove ho casa. L’abitazione in effetti e’ in tufo e la veranda gode di uno splendido panorama sulle colline giappo-toscane verdi di primavera.

Mi reco all’alimentari con la moglie del signor Sasaki per fare la spesa e noto che anche questo locale e’ del tutto uguale al tipico alimentari di sotto casa che potrei trovare in Italia. Alte scaffalature si stagliano sulla parete dietro al bancone fino al soffito e migliaia di prodotti la colorano.Sacchi di iuta appoggiati per terra e teche di vetro su un parte del bancone.

Il gestore, un uomo alto in giacca e cravatta, parla italiano e mi da il pilotto da quando sono entrato. La mia accompagnatrice lo rimprovera amichevolmente e lui decide di mostrarmi qualche articolo.

Uno tra tanti attira maggiormente la mia attenzione, una rapa dalle dimensioni di una grande patata. La prendo in mano e la annuso per assaporare il suo famosissimo profumo che pero’ non sento. Nel frattempo il gestore mi mostra come tagliare un tubero nodoso che tiene in mano e io mi chiedo se mai esista un modo semplice di cucinare alla giapponese…

Usciti dal negozio per dirigerci verso casa mi accorgo che l’ambiente intorno a me assomiglia molto a P.zza Ragusa.

Arriviamo nella via di casa e la signora Sasaki ora e’ F.. Ci fermiamo alla macchina, poco prima della casa in tufo, e ci mettiamo ad urlare in napoletano verso una finestrella di un’abitazione.

Mi ritrovo di fronte alla casa dei Sasaki, sulla strada, osservo la veranda ed il magnifico scorcio verde e sconfinato dietro di essa.

Cattiveria

Sono a casa della mia amica Daniela, stiamo cenando insieme al suo ragazzo. Entra in cucina Debora, un’altra amica,  sembra ce l’ abbia con me,  non mi rivolge la parola prende qualcosa da un mobile,  poi va a mangiare in un altra stanza. Quando torna in cucina mi chiede di mio fratello, ma non le rispondo.

Dico a Daniela che forse una parte cattiva e sadica è in ognuno di noi. La capacità di riconoscere gli aspetti fragili e deboli che ci sono negli altri, e poi alcuni usano questa capacita’ per fare del male al prossimo.

Casa nuova

sono in una casa grande, è dove vivo, anche se non è uguale a quella della realtà. Mi telefona la mia amica Daniela, forse vuol dirmi che vuol passare a prendermi perchè è in zona, ma il ragazzo la chiama iniziano a parlare tra loro, mi stufo di attendere e chiudo.

Vado un po’ in giro per questa casa per me nuova,ci sono tante cose antiche, come dei reperti archeologici, alcuni telefoni antichi, uno di questi pero’ è funzionante, decido di mettere un po’ d’ ordine e soprattutto pulire c’ è tanta polvere,

Esce da una stanza una ragazza con cui vivo, ma non conosco.

le spiego che sento la necessita’ di riordinare d’ altronde li ci viviamo.Tolgo un po’ di cose e le porto in cucina per lavarle. sono come in un salone grande, alcuni soprammobili sono rotti, li butto.

E poi sistemo due grossi piatti sui mobili, sono come di quelli degli antichi romani.