L’esagono di calcio

Sono a Londra in un piccolo market aperto 24 ore su24.

A farmi da guida c’è una persona di origine orientale che per molti anni ha vissuto a Londra per motivi di lavoro.

Acquistiamo varie cose. Tra queste del parmigiano grattugiato. La commessa del negozio ci spiega che sarà impossibile pesare adeguatamente il formaggio a causa della bilancia di precisione rotta ormai da giorni. Ci invita a verificare il malfunzionamento e a trovare un accordo sul presunto prezzo. Dopo una breve trattativa decidiamo per un prezzo equo che si aggira intorno all’euro e cinquanta cent.

Il mio accompagnatore chiede alla commessa dove trovare un locale nel quale bere, ballare e divertirsi un po’. La signorina ci mostra una cartina appoggiata dietro al bancone nella quale il mio accompagnatore individua alcuni punti per lui fondamentali per un rapido ed efficace orientamento. Individua quindi sei punti, corrispondenti ad altrettanti stadi di calcio, tracciando poi un perimetro ideale a forma di esagono sopra la cartina mostrataci dalla gentile commessa.

Nonna Claudia

Mi trovo in giardino di casa mia…sono in tuta da ginnastica, in divisa ufficiale della mia squadra, pronta per giocare una nuova partita di campionato, il mister mi dice di riempire il più possibile le buste di plastica con l’acqua della fontanella davanti a me…mi organizzo prendo tutte le buste di plastica che trovo in giro e comincio a riempirle di acqua fino all’orlo, mi dice che devo fare in fretta prima che arriva la squadra avversaria. Ne riempo tantissime, grandi, piccole anche i sacchi neri… quelli condominiali, le ripongo tutte in una carriola che trovo davanti alla fontanella e ad un certo punto mi viene fame. Mi allontano dalla fontanella dal giardino e decido di entrare in cucina, quella del piano terra. è perfettamente funzionante, pulita, trovo delle persone a lavoro, c’è chi cucina, chi pulisce…presa dalla fame vado davanti al frigorifero lo apro e comincio a cercare qualcosa da mangiare…arriva mia nonna, nonna claudia, con i suoi capelli raccolti e con il suo viso rilassato e rassicurante e mi dice di aprire i cassetti in alto del frigorifero dove c’è il formaggio, in realtà ce ne sono di vario genere, insomma ne trovo una vasta scelta, decido di prendere un pezzo di tomino già iniziato…la guardo, mi guarda, mi sorride e mi da anche un pezzo di pane, esco e torno in giardino dalle mie buste di plastica…

 

Parkour

Sto percorrendo in macchina il tunnel della tangenziale quando all’improvviso il motore dell’auto comincia a perdere colpi. Mi fermo nella corsia di emergenza proprio davanti ad un grande contenitore verde di plastica. Penso che sono stato fortunato a fermarmi casualmente proprio davanti ad un grande contenitore che segnalerà la mia presenza e che sicuramente verrà evitato dagli altri automobilisti. Sono un po’ dispiaciuto per essermi dovuto fermare, ma mi tranquillizzo al pensiero che la mia assicurazione preveda un servizio di trasporto delle auto in panne.

Mi dirigo a piedi verso l’uscita del tunnel per raggiungere un luogo in cui si terrà una riunione di lavoro. Dopo essere arrivato incontro mia moglie, i miei colleghi e qualche amico. L’atmosfera di festa mi rende più tranquillo. Prendo un bicchiere di plastica e mi verso un po’ di Fanta.

Esco dalla stanza e comincio a giocare correndo da una parte all’altra di un giardino/parco. Prendo la rincorsa e raggiungo la cima di una collinetta nella speranza di poter poi scendere dalla parte opposta. Mi accorgo però che dall’altra parte si estende una vallata e che è impossibile saltare perchè mi trovo molto in alto.

Decido allora di saltare dalla parte dalla quale sono salito e, sfruttando una specie di scivolo di cui prima non mi ero accorto, torno nel giardino atterrando come un parkour.

Il salto è stato così divertente che decido di riprovare l’emozione e salire nuovamente sulla collinetta. Una volta raggiunta la cima e apprestandomi ad effettuare nuovamente il salto mi accorgo che, alla fine dello scivolo, una donna con una carrozzina mi impedisce l’atterraggio.

Chiedo alla signora di spostarsi e lei, pur non sentendomi, si allontana di poco. Provo comunque a saltare, ma questa volta la manovra non mi riesce e cado rovinosamente a terra perdendo conoscenza.

Mi risveglio in un letto di ospedale pieno di ferite e di dolori.

Chiedo ad un’infermiera di verificare le condizioni di una ferita nella zona del pube. L’infermiera mi tranquillizza dicendo che è solo un graffio superficiale e che il sangue che ho visto non mi deve far preoccupare.

Dopo poco tempo entrano nella stanza dell’ospedale molti bambini che cominciano a correre divertiti. Io e la mia amica Lisa ci apprestiamo ad organizzare qualche gioco per loro, ma presto ci accorgiamo che i bambini sono intenzionati ad andare sotto i letti per guardare un cartone animato.

Mi abbasso per guardare la scena e mi accorgo che i bambini, uno accanto all’altro, aspettano serenamente il momento magico dell’inizio del cartone animato.

Luogo di lavoro

Sono in un grande appartamento posto al primo piano. Sembra essere un luogo di lavoro, una struttura da poco restaurata. Sono il proprietario/responsabile e mi aggiro per i vari locali controllando che i lavori siano stati eseguiti nel migliore dei modi.

Incontro Fabio, un mio amico architetto, il quale sembra molto affascinato da un contenitore in plastica arancione lasciato dagli operai  che hanno ristrutturato gli ambienti. E’ un contenitore che, già da un po’ di tempo (nel sogno), avevo deciso di dare ad un papà per l’educazione di suo figlio. Fabio mi chiede di regalargli l’oggetto. Ne ammira le caratteristiche evidenziandone i pregi e facendomi notare la qualità del design. Curve morbide, materiali recentemente scoperti, superfici liscie ed elementi porosi caratterizzano l’oggetto.

Io parlo con Fabio trattandolo come il papà al quale ho deciso di dare il contenitore. L’oggetto, dico, è perfetto per contenere la giusta quantità di latte per una crescita equilibrata del figlio. Il contenitore così potrà servire da limite per il papà che, con difficoltà, regola l’intensità delle emozioni riversate sul bambino e con facilità, anche nei momenti meno opportuni, tende ad eccedere nelle manifestazioni d’affetto.

Mi accorgo che Fabio non capisce; decido allora di spiegarlgi con chiarezza che, già da tempo, avevo deciso di regalare il contenitore ad un papà per aiutarlo nel difficile compito dell’educazione di un figlio.

Fabio allora mi chiede di fare un giro per vedere l’esito dei lavori. Decido di mostrargli per prima cosa una culla che, chiusa attraverso incastri e meccanismi sapientemente progettati, si apre davanti ai nostri occhi grazie ad alcuni miei abili e precisi movimenti, appresi di recente grazie alle spiegazioni dei tecnici del cantiere.

Dentro la culla ammiriamo, quasi fosse un presepe, un paesino innevato nel quale domina una tranquilla atmosfera natalizia. Ogni cosa sembra avere vita propria e la chiusura così sofisticata, difficile da aprire per una mano inesperta, sembra essere stata progettata per proteggere il mondo prezioso in miniatura che, nella culla, pulsa di vita e di energia propria.

Dopo aver richiuso l’oggetto Fabio, estasiato dalla bellezza dei lavori, ammira una piramide al centro di una stanza. Notiamo inoltre che una parete è stata abbattuta per permettere di accedere ad un piano inclinato che porta alla piramide. Saliamo quasi per gioco sul piano inclinato e ci affacciamo alla finestra a vetri sopra la piramide.

Una vasta distesa di verde si estende davanti all’edificio.

La visita ai locali è terminata e Fabio, abile architetto, mi fa i complimenti per l’intervento professionale ed estremamente creativo che ho fatto eseguire per migliorare il mio luogo di lavoro.

Il giorno della mutanda & Co.

Stiamo tornado dalla spiaggia percorrendo il bagnasciuga e so che passero’ davanti alla ragazza che avevo notato prima. Cammino nell’acqua per fare prima (!?) anche perche’ i miei compagni sono gia’ lontani, ne intravedo uno che indossa una maglietta rossa. Cammino guardando la sabbia, fa presto buio, troppo in fretta, arrivo nel punto dove sta la ragazza e mi volto fugacemente per guardarla. E’ letteralmente incastonata nella sabbia, e’ visibile solo il viso, sorride serena.

La sorpasso e mi ritrovo in casa mia, e’ leggermente piu piccola ma la disposizione delle stanze e’ pressoche’ quella reale. Sono in salone con mio cugino e con la ragazza di cui sopra, lei e’ su un lettino da estetista. A me arriva un sms, prendo il cellulare e noto che arriva da un mittente chiamato “federale” e subito dico: “E ora che vogliono i federali da me, che vuole l’FBI?”.

Apro il messaggio e leggo che non devo accettare sms da un certo Marco221 (non ricordo bene il numero) perche’ sono pericolosi. “Ma io non ho mai ricevuto messaggi da sto Marco!” dico scocciato e affermo che di certo non risponderò a questo messaggio, non di certo all’FBI… quindi con aria marpiona dico: “Se proprio devo usare il telefonino lo usero’ per segnare il numero di telefono di Silvia” (la ragazza sul lettino). Mentre lo dico mi giro verso di lei e noto con dispiacere che mio cugino le sta dando un bacino sulle labbra. Penso però che nonostante ciò posso avere ancora qualche speranza e mi dirigo verso la cucina.

Mentre mi incammino mi giro verso di loro e con fare sciocco gli dico: “Che stupido, dovevo andare prima in camera da letto” dicendo però a me stesso che avrei dovuto dire “al bagno” poiché quando mi sono incamminaTo verso la cucina il punto da cui provenivo non era piu il lettino con la ragazza ma bensì il mio letto dal quale mi ero appena alzato e il primo posto dove si va quando ci si sveglia è il bagno.

Mi incammino quindi verso la camera da letto, saltellando come sono soliti fare i bambini e mi ritrovo in un letto singolo, sotto la finestra. Con me c’è un bambino piccolo, è il nipote di Simone R.. Si sveglia di colpo e mi dice: “Non l’abbiamo preso l’aereo?”. Io lo guardo un po’ perplesso e gli chiedo se voleva prendere l’aereo con le mutande o senza poi mi risponde mezzo assonnato: “E’ il giorno della mutanda”. E io: “E’ domani o Giovedi’ il giorno della mutanda?”. Mi risponde che e’ Giovedi e allora lo rassicuro perche’ a Giovedì mancano ancora due giorni.

Mi ritrovo in piedi di lato alla finestra intento ad alzare la serranda. Pero’ il meccanismo e’ un po’ arrugginito e faccio fatica, cosi’ tanta fatica che devo letteralmente appendermi alla cinghia per poi usare il mio peso per farla scorrere. Questo per due o tre volte.

In quest’ultima stanza si e’ svolto anche un altro sogno, prima di questo che ho raccontato, ma del quale ricordo molto poco. Ricordo solo che la stanza aveva 9 o 10 posti letto, la maggiorparte erano letti a castello, aveva due finestre e una dava su un piazzale molto ampio in terra battuta.

Ho fatto anche un altro sogno in cui mi ritrovavo per motivi di lavoro nella via che percorrevo per andare a scuola, alle superiori e mi stupoivo del fatto che mi ritrovassi li dopo anni. Nonostante ci fosse il marciapiede (peraltro ristruttrato) camminavo sulla strada. Notavo in lontananza la svolta a detra che portava al mio ufficio e ragionavo sul fatto che dalla finestra dell’ufficio, tramite una serie di riflessi su finestre di palazzi adiacenti, riuscivo a vedere il posto in cui mi trovavo in quel momento.

Protezione

Sono al mare insieme a B. – Camminiamo sul bagnasciuga godendoci la prima giornata di vacanza dopo un lungo periodo di faticoso lavoro. Sento il calore dei raggi del sole sulla mia pelle e vedo l’acqua limpida del mare confondersi con il colore del cielo all’orizzonte. Sono pronto a tuffarmi, ma l’acqua è molto bassa; decido di camminare ancora un po’ attendendo che il livello aumenti. Appena mi accorgo che è possibile, mi immergo insiema a B. e comincio a nuotare con lei. E’ bellissimo. Dopo un po’ di tempo decidiamo di tornare sulla spiaggia. Sento che la pelle comincia ad essere sensibile al sole e decido di fare una passeggiata per la città mentre B. va a sdraiarsi sul suo telo da mare blu. Esco dallo stabilimento (del tutto simile allo stabilimento BagnoBarTaormina dove mia zia mi portava da piccolo quando andavamo insieme a Marina di Ravenna)e comincio a camminare per le vie di una piccola cittadina medioevale. Su una finestra di un piccolo negozio di cianfrusaglie scorgo un flacone di crema solare Nivea. Con l’intento di appropriarmene, passo più volte davanti al negozio cercando di capire se il negoziante si sia accorto della mia presenza. Dopo aver valutato i rischi dell’operazione decido di entrare per acquistare il flacone invece di rubarlo. Il negoziante mi indica due flaconi posti su di un mobiletto. La mia scelta cade sul flacone blu che immagino possa contenere una crema solare con un discreto fattore di protezione.

Esco dal negozio dopo aver acquistato il flacone per la cifra di 3,30 euro e mi appresto a tornare in spiaggia. Appena varcata la soglia del negozio mi viene in mente di guardare la data di scadenza della crema. La scadenza del prodotto nel Luglio 2007 mi spinge a tornare nel negozio per protestare e farmi sostituire il flacone.

Il negoziante nega di poter avere prodotti scaduti e, dopo aver verificato su mio suggerimento la data di scadenza sul fondo del flacone, asserisce di essere convinto che le creme non abbiano scadenza. Alzo il flacone bianco di Nivea e mi accorgo che non è ancora scaduto. Decido, così, di prendere quello e di interrompere la fastidiosa disscussione. Sul lungomare di Marina di R. comincio a spalmarmi la crema e sento che, all’altezza del fianco destro, la pelle mi brucia leggermente. Sono un po’ preoccupato per l’eventuale scottatura, ma mi tranquillizzo applicando sulla parte in quesitone una discreta quantità di crema solare.

 

Cambio Lavoro????!!!!

Dovevo fare una domiciliare con lo zio di L. Ero imbarazzata vista la conoscenza stretta e visto che la mamma di questo signore era sempre in mezzo alle scatole e non mi faceva fare nessun progetto. Dicevo che questo signore doveva iniziare a farsi da mangiare da solo, altrimenti come si poteva pensare di recuperarlo? La signora però cucinava sempre e quando arrivavo a casa era già tutto pronto. Un pomeriggio, mentre mi recavo a casa loro insieme ad L. ed al fratello, loro sono molto tristi. Gli domando cosa sia successo e loro mi dicono che loro sorella è morta, non so come. sono triste anche io e piuttosto imbarazzata di essere capitata in un momento così. Mi sforzo di piangere e ci riesco. Poi vado in Comunità incontro P., dobbiamo andare a fare una domiciliare a casa di V. Lo incontriamo sotto la Comunità che fa la pipì tutto nudo. Poi P. mi dice che la figlia di G. è morta. Penso che sia proprio una giornata sfigata e mi dico subito che mi dipsiace molto ma sopratutto perchè adesso G. sarà triste per molto tempo e poco disponibile per me. Poi mi sveglio.

 

L’ufficio-ospedale

Con mia grande sorpresa vengo a sapere di essere stato trasferito di stanza e la mia compagna di lavoro altri non e’ che una vecchia collega con cui ho lavorato all’inizio della mia vita lavorativa. Contento di cio’ mi industrio per sistemare la stanza, ridotta in uno stato pietoso, molto somigliante ad uno studio di un artigiano. Assi di legno qua e la appoggiate a terra e alle pareti, le sposto, di poco… Poi torno ad occuparmi della scrivania. E’ posta longitudinalmente ad una delle pareti corte della stanza, al suo centro, accanto a quella della mia collega ed un vetro divide me e lei. Sulla porta appare il mio vecchio responsabile di cui non ho un bellissimo ricordo e subito capisco di essere tornato a lavorare per lui. Faccio notare la mia scontentezza ed esco dalla stanza con passo affrettato per andare a reclamare non so bene da chi. Mi dirigo fuori dell’edificio percorrendo un corridoio lungo con pareti verdine; arrivo ad una stanza all’interno della quale intravedo una doccia in funzione e dietro al pannello di vetro appannato spicca un fondoschiena (notevole) di una ragazza con pelle leggermente scura. Mi avvicino e piu in la c’e’ un uomo grassottello con un camice da infermiere verde, mi vedono e cambio strada. Esco dal portone a vetri dell’edificio e davanti a me un enorme prato brullo con pochi alberi. Mi dirigo a sinistra sul marciapiede grigio e inizio a correre ma quasi subito le gambe si appesantiscono troppo e faccio fatica a mantenere l’andatura.