Sono a fare una supervisione da M, c’è anche mia mamma, G., S. ed altre persone. Nel sogno penso che non ho mai visto questa parte dello studio. Quando la supervisione finisce, mia mamma e M si mettono a parlare come se fossero due vecchie amiche. Io dico che vado dall’altra parte a prendere delle mie cose rimaste. Passo dall’altra parte della casa e mi accorgo che è la casa dei miei genitori e c’è la mia vecchia stanza. Entro perchè devo prendere dei cd, delle cassette e anche un file di un lavoro per la specializzazione. Penso che la mia dottoressa è carina a lasciarmi la possibilità di portare via poco alla volta le mie cose, anche se occupano la stanza d’analisi che io ho terminato. Torno di là, poi vado con G. a casa sua. Facciamo, in motorino, una ripida discesa e incontro un ragazzo che con lo skate va velocissimo. Mi arrabbio con lui e con la sua fidanzata e gli dico che non si fa così, loro non mi sembrano degli sciocchi e non si mette a rischio la vita per una stronzata del genere!. Loro sembrano capire e mi ringraziano. Poi arriviamo a casa di G.: é bella e piena di oggetti preziosi e sculture. Mi dice che L., una collega in comune, è di là, la deve far mangiare per sei anni e poi andrà via, tornerà in Argentina. G. mi dice che il suo analista è morto, con freddezza e distanza. Non capisco penso che si riferisca ad una vecchia analisi visto la sua mancanza di coinvolgimento. Poi lei mi dice che c’è anche un articolo sull’Espresso su di lui. Riconosco la foto e le dico che è una cosa tremenda. Scoppio a piangere e lei anche.
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Tensione e mediazione
Sono in turno credo in una casa famiglia con un mio collega F. e si pranza, nel sogno non si vede nessun’altro però. Ad un certo punto propongo al mio collega di prenderci anche il dolce e gli indico che in un altra stanza c’è un freezer con dei gelati (sembra un market), ma lui mi risponde che sarebbe meglio un buon gelato artigianale!!! Io invece insisto per il gelato confezionato e guardando il freezer vedo due tartufi, uno bianco e l’altro nero e non so quale scegliere…nel sogno questo gelato non lo mangio :(.
Durante la scena principale mi tel mia zia, che mi dice che è in ospedale e mia nonna non sta bene…si insomma mi fa capire che non c’è nulla da fare. Io le urlo di dirmi tutta la verità invece di usare “mezze parole”. Inoltre mi comunica che sta partendo per l’Abruzzo con i miei genitori….
Poi mi tel il mio ex…anche lui sta partendo per andare nella stessa casa con i suoi amici…gli dico di non andare, perchè lì sarebbero andati anche i miei….
Cerco di mediare…
Una stanza nel vento
… sono in un paese molto caldo… in uno spiazzale… dal luogo in cui mi trovo si intravede, lontano, il mare… a terra della sabbia marrone ed ai lati una vegetazione lussureggiante…è un paesaggio a me familiare, un luogo dove per anni ho trascorso le vacanze con la mia famiglia… ma nel sogno sono consapevole di non essere lì… e di essere invece in un posto che gli somiglia soltanto… ma non è….
…una piazza sterrata molto grande…. nel centro sorge una stanza… senza pareti… solo un tetto di legno e paglia… è grande e “contiene” tutte le persone a me più care… la guardo da lontano… e sento un vento caldo… vedo passare mia cugina… trascina dietro di se un termosifone fucsia con una cover rosa… le chiedo dove ha preso un oggetto tanto strano… risponde che lo ha ricevuto in regalo da una amica di famiglia…. accanto a me l’amica più cara che ho… passeggia al mio fianco… ci dirigiamo verso la stanza… poi mi chiede di fermarmi… di aspettarla… vuole acquistare dei dolci da portare alla mia famiglia che ci aspetta… li trova da un venditore ambulante… sono frittelle… coperte di zucchero… vengono riposte in una busta di carta… riprendiamo il cammino verso la stanza… lei apre la busta ed inizia a mangiarle…
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p.s. …. è il primo sogno che condivido con voi… e questo è il primo pensiero… grazie per aver creato questo spazio… sogno sempre…ogni notte… e ogni mattina racconto alle persone che porto nel cuore (le stesse co-protagoniste del sogno appena condiviso) ciò che in sogno cerco di raccontare a me stessa… perchè questo credo sia il senso…
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La ragazza bendata e il rappresentante esagitato
Sono a San Quirico dalle parti di casa di F. ma al posto suo ci sono Z. e I.. Mi affidano S. e io la porto a spasso.
Più in la verso la strada per uscire dal paese vedo venirmi incontro una ragazza con una benda sugli occhi e una piega allegra sulle labbra. Indossa un cappotto nero e avanza a tentoni. Penso che stia cercando il suo uomo ideale, intanto si è avvicinata e stiamo quasi per scontrarci. Con un gesto deciso e fluido allo stesso tempo, poco prima che i nostri corpi si scontrino, la schivo di lato, passando il mio viso in prossimità del suo orecchio destro, sussurrando un respiro.
La supero e continuo a camminare per la strada, girandomi di tanto in tanto. Noto che si è fermata perché ha capito che qualcuno le è passato accanto. E’ curiosa e si gira di 3/4, mette una mano sulla benda ed esita un poco a levarla. Le dico di no facendole anche segno col dito . “No! Non ci provare sai.”. Ma non mi ascolta e si toglie la benda… mi guarda e sul suo viso si stampa un’espressione di delusione per non aver sfruttato l’occasione di avermi così vicino da potermi prendere. Mi giro di nuovo e mi incammino per la strada che porta fuori il paese.
Imbocco una discesa e mi ritrovo in una strada ai cui lati sorgono delle case colorate, in legno. Mi accorgo di stare nel posto del sogno che ho fatto poco prima di cui non ricordo molto. Torno indietro sui miei passi e arrivato in cima alla salita incontro di nuovo la ragazza bendata. E’ piu che sorridente ora ed in compagnia di un ragazzo; mi sorpassano e spariscono. Vicino ai miei piedi noto una scatola di cartone al cui interno c’è una mascherina del tipo che si usano per verniciare. Guardandola sorrido perché ho capito che era la benda della ragazza che aveva gettato via in quanto ora non le serviva piu.
Mi ritrovo a casa dei miei, sempre a San Quirico ed è passato poco tempo dall’incontro con la ragazza bendata. Sono in prossimità del ponticello che divide casa dall’orto e qualcuno in una macchina mi fa notare che S. non è con me… Mi agito subito, la cerco e noto un gattino vicino a me. “Eccola! Vedi che non me la sono persa?” dico… La prendo in braccio e penso sia l’ora di riportarla ai genitori perché è l’una passata e staranno aspettandola per il pranzo.
Mi dirigo quindi verso il cancello di casa con S. in braccio e all’improvviso mia sorella mi fa notare che Z. e I. sono arrivati a casa mia. S. indossa un vestito viola ed è grande e pesa quanto una bambina di 12 anni. Non faccio però fatica a tenerla in braccio.
Vedo arrivare in lontananza un tipo trafelatissimo e mezzo sdinoccolato. E’ alto e ha i capelli lunghi fino alle spalle. E’ un rappresentante e si ferma tra di noi per consegnarci dei campioni di merce. In particolare viene colpito da mia sorella V. alla quale consegna una grande quantità di bustine trasparenti con dentro una sorta di stuzzicadenti di plastica molto elaborato. Mentre elargisce la guarda fissa negli occhi, rapito dalla sua bellezza.
La consegna continua e anche io e Sa. riceviamo qualcosa. Si tratta però di stoviglie, coltelli e cucchiaini nello specifico. I coltelli hanno il manico rosso e mi piacciono molto ma ho ricevuto solamente un bicchierino di ceramica e allora propongo agli altri uno scambio: “Chi mi da un bicchierino per un coltello?”.
Si avvicina un tipo grassoccio che è disposto al baratto e mi mostra i sui bicchierini. Non mi piacciono perché sono leggermente scheggiati e noto che in fin dei conti anche gli oggetti in mio possesso lo sono… Decido allora di indagare e cerco di vedere cosa ha ricevuto il resto della gente che è lì con me. Analizzo i bicchierini di un’altra persona e mentre li ho nelle mani dico: “Non sono rossi come gli altri.”. Hanno, in effetti, un colore molto piu chiaro, piu vicino a quello dei vasi di terracotta e affermo che è normale che sia così poiché sono oggetti artigianali ed ognuno è diverso dall’altro.
Via dei Gelsomini
Sono in una località residenziale e nel sogno so che si tratta di Casalpalocco ma assomiglia ad un misto tra Ansedonia ed un villaggio greco vicino al mare. Io mi aggiro tra queste strade piene di alberi e di fiori, con giardini bellissimi che nascondono ville bianche con finestre blu. Sono alla ricerca di SM, un mio vecchio compagno di università di quando studiavo legge. So che abita al n 44 di Via dei Gelsomini, ma la numerazione è completamente senza senso e infatti mi perdo e finisco nel giardino di un’altra casa. Questa casa, per una coincidenza, è di persone che conosco e che non vedo da tanto tempo e arriva anche Fabri. Si decide di andare a fare un giro in barca e magari di fare il bagno ma io non ne ho tanta voglia e poi non ho il costume. Poi mi ritrovo in macchina, non so con chi, e tutta questa bella località sembra invece una cava di pozzolana, simile a quella che sta in campagna da me e io so che c’è qualcuno che mi sta seguendo…
Alessandra
Aveva deciso di lanciarsi senza paracadute, io forse avrei potuto impedirlo ma non lo feci. La guardai gettarsi nel vuoto, guardai il caschetto, i capelli biondi, il vestito blu. Mi gettai anch’io. L’aria era violenta e gli occhi faticavo a tenerli aperti. Un cavo oscillava furiosamente sotto di me, strattonando e frustando l’aria. Lì era appeso il paracadute per Alessandra.
Lei avrebbe dovuto cercare di agganciare il cavo, raggiungere il paracadute, indossarlo e aprirlo. Se fossimo state troppo vicine a terra avrebbe anche potuto tentare di raggiungere direttamente il paracadute, non so. Comunque non fu questo il problema.
Vidi il suo corpo a pochi metri sotto di me: manteneva una posizione orizzontale e alata. Quando fu abbastanza vicina al cavo tese le mani in avanti, formò una specie di abbraccio. Poi le sue braccia si aprirono e lei fu trascinata un po’ più giù e un po’ più lontana. Precipitavamo entrambe ancora abbastanza lentamente.
All’inizio cercai di raggiungerla. Il mio corpo mi faceva sembrare il tentativo possibile. Quando me la trovai vicina lei alzò il viso verso di me, come se avesse intuito la mia presenza. Poi si allontanò di nuovo. Non venni giù rovinosamente ancora per un po’: l’aria mi cullava, mi sosteneva. Lo stesso non si poteva dire di lei, finché non la persi di vista.
Intorno a me era un susseguirsi di colline: all’inizio mi apparvero come un’indistinta massa di verdi e marroni, poi iniziai a riconoscere il tracciato dei fiumi e dei torrenti, la forma dei boschetti che li costeggiavano, il colore fermo dei campi appena arati. Lei non c’era, né intorno a me, né sotto, né altrove. Sotto di me era pianura, era il suo paracadute ancora agganciato a me. Lei continuava a non esserci, c’era solo una macchia scura che precipitava sempre più rapida verso il basso, verso il paese, le case, i cortili, un albero, il cemento.
Mi restò il tempo di ricordare l’espressione dei suoi occhi, frutto del bisogno che aveva avuto di noi, della certezza che non l’avrei lasciata sola, del suo docile abbandonarsi.
Alessandra attribuiva completa fiducia a quelli cui concedeva il potere di salvarla. Non trovai nessun motivo per aprire il mio paracadute.
Riunione nella mia stanza
Mi trovo ad una riunione con altre persone e il mio Prof della specializzazione con cui faccio anche il tirocinio. C’era da esporre un caso clinico e ricevo una telefonata da un mio collega che mi dice che sta male (era una scusa per non venire alla riunione) ridendo, e mi chiede di non dirlo a nessuno e di “coprirlo”, io accetto e gli rispondo che il prof tra poco uscirà quindi lo avverto di stare attento (il mio collega si era messo fuori la porta d’ingresso) e di non farsi vedere. Scopro a metà del sogno che la riunione era nella mia stanza e il Prof. mi suggerisce che una paziente poteva essere sistemata vicino al mio letto; mi giro e vedo una brandina disposta affichè la paziente potesse dormire, con un piumone di colore scuro!!!!
Secondo matrimonio
Sono in macchina con i miei genitori su una strada sterrata in campagna da me. Siamo tutti allegri e i miei sono vestiti sportivi con due giacche di tweed e stiamo andando in chiesa dove io mi sposerò per la seconda volta con Fabri. Ad un tratto io dico a mamma: “Lo sai? Ero così rilassata questi giorni che mi sono dimenticata di comprare un vestito da sposa!” e mamma si mette a ridere. Poi dico a mio padre di passare per casa nostra che mi sono ricordata di avere un vestito bianco di pizzo preso da Catenella l’anno della maturità (il vestito esiste davvero e la data è quella). Poi cambia scena e io sto percorrendo la navata della chiesa con il vestito di Catenella addosso e sono tutta contenta, poi, dopo la cerimonia, mi vado a sedere tra i banchi con gli ospiti.
Cambia scena e sono a casa di Maddalena, giù nel salone delle feste. Le pareti rivestite di legno sono più o meno identiche a quelle vere solo che, al posto della cappella, c’è una cucina tutta in legno intarsiato con i fornelli accesi. In cucina ci siamo io, Betta, Maddi e altre ragazze e una di loro dice che anche suo nonno ha una cucina così al piano di sotto, solo che ha fatto aprire uno sportello nel muro così può portare la spesa in cucina direttamente dal garage. Io, nel sogno, penso che sia solo una scusa per farmi capire che anche lei abita li’ nel palazzo di Maddi.