La Lambretta verde e la Vespa rossa

Sto guidando una Lambretta colore verde acqua; dietro di me c’è T.D.

Al semaforo dell’incrocio tra viale Regina Margherita e via Salaria si affiancano a noi due ragazze su di una Vespetta 50 di colore rosso. Appena arriva il verde partiamo in maniera bizzarra, sfrizionando un po’, nella speranza che le due ragazze ci notino. A metà dell’incrocio però  il filo dell’acceleratore della nostra Lambretta si rompe. Anche le due ragazze sembrano avere problemi con la loro Vespa che improvvisamente si ferma accanto al nostro veicolo.

Accostiamo al bordo della strada.

Io e T.D. ci diamo da fare per sistemare il nostro mezzo e quello delle ragazze.

Inclino la Lambretta ricordandomi di ciò che tanto tempo fa mi ha insegnato mio padre. Giro, quindi, di 180 gradi la levetta della benzina prima di cominciare a lavorare affinché il motore non si ingolfi durante la riparazione.

Rivolto completamente la Lambretta guardandone l’interno dalla parte bassa. Mi accorgo che quella non è la posizione migliore. Inclino allora  in modo leggero lo scooter e comincio ad aggiustarlo smontando le  “chiappe” o “pance” laterali. Smonto quella di sinistra e non trovo il cavo dell’acceleratore; smonto quella di destra e mi accorgo che il cavo, totalmente diverso da un cavo reale, è nero e di plastica e si è staccato dal suo consueto alloggiamento.

Aggiusto con facilità la Lambretta mentre T.D. si occupa della candela della Vespa rossa. Io e T.D. facciamo ipotesi sul malfunzionamento della Vespa utilizzando cacciaviti che le ragazze conservavano all’interno del vano sottosella.

Nel sogno compare improvvisamente Cico che sembra avere bisogno di un aiuto, quasi servisse anche a lui una revisione di alcune parti anatomiche. Smonto così due tappini di plastica che si trovano sulle sue spalle, esattamente all’alltezza di due nei che ho da quando sono nato. Uno dei tappini contiene un po’ di terra. Pulisco e risistemo le parti in plastica trasparente poste sulle spalle di Cico.

Io e T.D. siamo soddisfatti delle capacità acquisite nel tempo di aggiustare e sistemare veicoli a motore e parti del corpo.

La strada alternativa

Sono in un quartiere di Roma che non ricordo. Possiedo una moto rossa e nera di cui vado molto orgogliosa. Devo rientrare a casa con S. Vedo davanti a me una donna in tuta da motociclista che ha la stessa mia moto ma il modello successivo. Sono arrabbiata e penso che vporrei quella nuova. Poi torno con S. in macchina, facendo una strada nuova. passiamo davanti ad un parco giochi acquatico. vedo delle persone che fanno giochi strani: sono sdraiati in piccole conche che galleggiano sull’acqua e si devono tirare dei dischi. Penso che sia un pò pericoloso perchè se ti arrivano in faccia possono fare molto male. Dico ad S. che questa strada non la conosco proprio; lui è contento perchè di solito sono sempre io a dire le strade da fare e questo lo innervosisce. Poi incontriamo D. che mi chiede se nei giorni di Natale voglio lavorare lì nel parco. Gli dico che io sto andando in maternità e che non posso lavorare,. altrimenti avrei già fatto dei turni in comunità. Poi incontriamo altre persone che conosciamo anche A., la moglie di A., che però è antipatica. le mostro il posto dove da adolescente mi fermavo con i miei amici ma lei sembra un pò volermi distanziare.

Livio

Sono in una casa non so bene dove, è una specie di mansarda all’ ultimo piano. Mi affaccio e vedo Livio in strada. Lo saluto, sembra stupito di vedermi, non capisco se è contento o meno. Alla fine si mi rendo conto che è emozionato, lo sono anch’ io.

Daniela, che è in casa con me, mi chiama, devo andare, lo saluto.

Dondolando

Lunga stanza un po’ buia, come se fossimo in un seminterrato e la luce obliqua cala dall’alto, dalla strada attraverso finestre/feritoie con inferriate: io e mia moglie seduti su vecchie sedie a dondolo di vimini (proprio come quella che ho a casa, ereditata da mia moglie dalla “dote” di sua nonna). Su altre due sedie identiche ci sono Giuliano Ferrara e la moglie Anselma Dall’Oglio che litigano ma amabilmente, infatti lo fanno continuando a dondolare con la sedia tipo altalena. Litigano e si beccano ma in realtà tubano, ammiccando a noi due cercando consensi e complicità. Tutto molto lieve e solare, pur sempre nello scantinato.

PS: nella realtà dei fatti, i due suddetti, Ferrara and his wife, sono stati ospiti più volte nel nostro salone (in cui spicca al centro la sedia a dondolo) e quasi sempre hanno accennato a piccoli litigi e schermaglie “amorose”… un sogno quindi che è quasi una continuazione della realtà.

La rapa giapponese

Sono in Giappone a trovare i proprietari del mio ristorante giapponese preferito. Stranamente il paese in cui abitano e’ molto somigliante ad uno di quelli che posso trovare in Toscana, dove ho casa. L’abitazione in effetti e’ in tufo e la veranda gode di uno splendido panorama sulle colline giappo-toscane verdi di primavera.

Mi reco all’alimentari con la moglie del signor Sasaki per fare la spesa e noto che anche questo locale e’ del tutto uguale al tipico alimentari di sotto casa che potrei trovare in Italia. Alte scaffalature si stagliano sulla parete dietro al bancone fino al soffito e migliaia di prodotti la colorano.Sacchi di iuta appoggiati per terra e teche di vetro su un parte del bancone.

Il gestore, un uomo alto in giacca e cravatta, parla italiano e mi da il pilotto da quando sono entrato. La mia accompagnatrice lo rimprovera amichevolmente e lui decide di mostrarmi qualche articolo.

Uno tra tanti attira maggiormente la mia attenzione, una rapa dalle dimensioni di una grande patata. La prendo in mano e la annuso per assaporare il suo famosissimo profumo che pero’ non sento. Nel frattempo il gestore mi mostra come tagliare un tubero nodoso che tiene in mano e io mi chiedo se mai esista un modo semplice di cucinare alla giapponese…

Usciti dal negozio per dirigerci verso casa mi accorgo che l’ambiente intorno a me assomiglia molto a P.zza Ragusa.

Arriviamo nella via di casa e la signora Sasaki ora e’ F.. Ci fermiamo alla macchina, poco prima della casa in tufo, e ci mettiamo ad urlare in napoletano verso una finestrella di un’abitazione.

Mi ritrovo di fronte alla casa dei Sasaki, sulla strada, osservo la veranda ed il magnifico scorcio verde e sconfinato dietro di essa.

La valanga

Sono in casa, guardo dalla finestra: una valanga di terra   scende dalla fine della strada,  si alza una nube, poi la terra  raggiunge anche la nostra casa . Si sente un rumore fortissimo.

Io e mio fratello restiamo chiusi in una stanza, c’è tutta terra intorno non possiamo uscire.

Cè del cibo, ma manca l’ acqua.

Inizio a pensare come si puo’ recuperare l’ acqua.

Mio fratello è piu’ passivo, inerte.

Non mi rendo conto che, se nessuno viene a salvarci, moriremo.

Uscite

Sono a casa a Napoli, ma è diverso. Devo uscire con V.,  nel sogno è un mio cugino. sono per strada arrivo a casa da Roma, ci sono i miei e anche V. con la sua famiglia.

Una volta in casa mio fratello dice che andrà a dormire da un amico , perchè con i miei si stressa troppo. I miei si dispiacciono.

Mio padre si sta preparando per uscire, ha dimenticato qualcosa da qualche parte che deve andare a prendere.

Gli dico che esco anch io con V., andiamo al cinema, inizia a piantarmi storie.

Gli dico di smettarla, lo guardo in viso e lo strattono, gli chiedo se non gli basta quanto mi abbia rovinato infanzia e adolescenza.

 

 

Etna

Avevo un desiderio …correre e risalire i tornanti dell’Etna. Alcune persone, che avevo l’impressione fossero degli amici, mi consigliavano di non andare, avvertendomi delle impervie condizioni delle strade di risalita del monte, piene di neve  e ghiaccio.

Io vado comunque…mi dirigo con la macchina verso l’Etna e mi fermo in una piazzola vicino ad una strada che iniziava la salita per il vulcano. La strada proprio in quel punto iniziava ad essere innevata e sembrava che scorresse dell’acqua.

Mi preparo… pantaloncini, calze e scarpe da ginnastica, ed inizio la salita. Lungo i tornanti inizio a percorrere con difficoltà il ghiaccio e la neve.

L’acqua, che scorreva prodotta dal ghiaccio che si scioglieva, mi inzuppava le scarpe e questo pian piano diventava molto difficile da tollerare… così alla fine prendo la decisione  di tornare indietro.